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venerdì 8 marzo 2013

PRO E CONTRO I GRATTACIELI: PERCHE’ L’ITALIA SALE IN CIELO


(Alcuni dei nuovi grattacieli di Milano che saranno pronti nel 2015)
Tra le tristezze di questo disgraziato paese, vittima di confraternite politiche e ideologiche che definire medioevali è un complimento (questo è purtroppo il paese dei mille Savonarola…), c’è la constatazione che nel terzo millennio cresce ancora come nel primo: in estensione consumando suolo a centinaia di ettari al giorno. Il suolo di quello che molti decenni fa era definito il Bel Paese (oggi la definizione non può che risultare comica) è però sempre più ristretto e striminzito: la cementificazione esplosiva degli ultimi decenni lo sta riducendo al minimo. Tra l’altro, essendone rimasto poco, il prezzo del suolo vergine sale, specialmente quello intorno alle grandi città. E’ anche per questo che da alcuni anni assistiamo a quella che il Censis ha definito “la tardiva e inaspettata stagione dei grattacieli italiani”. Sono almeno 13 i progetti di torri superiori ai 100 metri varati negli ultimi anni in Italia e la cui fine dei lavori è prevista entro il 2015. Si va dal Palazzo Lombardia (161 metri) alla Torre Unicredit di Milano (146 metri più 85 di guglia), alla sede della Regione Piemonte a Torino (209 metri). Dalla Torre Unipol di Bologna (126 metri) alla Torre Europarco di Roma (120 metri). Con il previsto e discusso Palais Lumiere di Pierre  Cardin, da costruire nell’area della Laguna di Venezia,    sono ben cinque le  città italiane interessate, non poche visto il precedente sonno. I promotori e finanziatori di queste imprese sono grandi banche, assicurazioni, amministrazioni pubbliche che avevano preso la decisione di “salire in cielo” prima della Grande Crisi, in un contesto quindi più ricco di risorse, e si trovano ora a condurla in porto in una congiuntura assai meno motivata. Ovviamente la committenza è in linea con la tipologia economica italiana, fatta di grandi banche e istituzioni pubbliche; mancano le grandi imprese private come ad esempio in altri stati europei o in Usa, ma si sa che di grandi imprese private in Italia ce ne sono poche, essendo la nostra una economia stato-centrica basata su alta tassazione e forte burocrazia.  Tutti i progetti sono firmati da archistar come Renzo Piano, Cesar Pelli, Massimiliano Fuksas e Daniel Libeskind e le opere sono state giudicate tutte di qualità.L’iniezione di modernità legata al binomio skyline-grandi architetti ha generato però –come sempre in Italia- subito schiere di contestatori delle nuove torri che le giudicano elemento estraneo alla tradizione urbanistica delle nostre città. E’ il caso di ricordare a costoro che l’attenersi in questi anni (dal dopoguerra ad oggi) alla famigerata tradizione urbanistica ha generato, per esempio a Roma, esempi di urbanistica come Torpignattara e Tiburtino III con il risultato di portare la capitale d’Italia a livello di Brazzaville in Congo, e di distruggere, espandendosi senza limiti, tutto l’Agro Romano. Non parliamo delle periferie delle altre grandi città dell’ex Belpaese. “Il grattacielo in Italia” spiega il Censis  “deve vincere innanzitutto una resistenza a livello dell’opinione pubblica e a livello progettuale deve essere in grado di sostenere la sfida di un confronto con i grandi monumenti del passato”. Diventa decisiva la qualità del dibattito pubblico di “accompagnamento”. Il quesito è sicuramente quello che formula il Censis: riusciranno questi nuovi grattacieli, oltre che a valorizzare dal punto di vista economico e finanziario le aree in cui si collocano, a costituire una risorsa per le comunità limitrofe? Forse ci vuole da parte di noi italiani un sovrappiù di immaginazione. Le curve di crescita demografica e i processi sociali innescati dalla modernità prevedono un aumento in futuro dell’inurbamento di grandi masse di persone. Le città cresceranno e, soprattutto nel terzo mondo, cresceranno in maniera caotica. Se non ci attrezziamo culturalmente e tecnologicamente a gestire questi processi, rischiamo di creare megalopoli dove la vità umana diverrà l’Inferno sulla terra. Se a prevalere saranno le istanze che vedono nella decrescita pura di tutta l’economia la soluzione per il futuro, rischiamo di riconsegnare alcune parti del pianeta ad un  pauperismo devastante, prima di tutto sotto il profilo ambientale.  I decrescitari alla Latouche non solo non vogliono grattacieli, energia da fusione, e sviluppo tecnologico, ma negano ogni controllo demografico, preparandoci uno scenario già ben descritto dal film anticipatore “Bladerunner”: masse di disperati si aggirano in un mondo cupo dove la tecnologia è gestita da pochi  potenti che la usano a proprio vantaggio. La strada non è la decrescita, ma una crescita diversa, basata sulla ricerca e lo sviluppo tecnologico che eviti il rischio “Latouche”: un arretramento della tecnologia e dell’economia in un mondo sovrappopolato. In questo senso i primi grattacieli italiani disegnati da archistar e forniti di tutte le risorse tecnologiche per essere energeticamente sostenibili sono una buona notizia, anche perché crescere in altezza significa meno consumo di suolo verde.


3 commenti:

  1. qua stiamo facendo tutti cortocircuito

    ma dove sono le curve di aumento demografico?
    se fosse per gli italiani non solo saremmo in deciso calo,ma l'unica attività edilizia sarebbe quella di restauro-manutenzione del parco edifici già esistenti.

    Poi ci siamo voluti mettere 5milioni di immigrati + 1 di non regolari, che quindi sfuggono al computo totale fatto dall'istat,e allora siccome avranno bisogno di un tetto anche loro via con la cazzola e il cemento.
    Non lo si dice perchè si ha paura di essere tacciati di razzismo,ma la verità è ANCHE questa.
    Poi sicuramente c'è una distorsione del mercato immobiliare che presenta numerose case vuote (i dati non li ho ma si parla di milioni di immobili vuoti)

    Il tutto per la gioia dei nostri palazzinari,che spesso sono anche coinvolti negli scandali delle tangenti.


    Stavolta sto con il gruppo del "no a tutto";
    hanno ragione,che c'entrano quelle torri di babele con il paesaggio italiano?

    Chiudiamo all'immigrazione,ci penserà la demografia del popolo italiano a rendere superflua la cementificazione.
    Andrà in crisi il settore del cemento e in bancarotta il mercato edilizio.
    e allora?
    1 milione,2, di dissocupati in più? e chissenefrega.
    Molti sono proprio immigrati fatti entrare in italia a centinia di migliaia ogni anno per arricchire i vari strozzini,anche quelli del cemento.
    Il resto li possiamo reintegrare nel settore del turismo,grande risorsa non sfruttata di questo paese,che possiede frà opere d'arte,cibo,cultura e paesaggi ,un patrimonio che non teme concorrenza o eguali al mondo.

    Decementifichiamo quindi alcune aree,penso in particolare ad alcuni tratti di costa soprafatti dall'abuso edilizio,questo si molte volte colpa degli italiani.
    Basta condoni!
    RECUPERIAMO LE NOSTRE COSTE!!!

    Meno siamo meno inquiniamo sopratutto il mare,è un circolo eh!
    Dove abito il mare pulito non è scomparso solo per la vicinanza dei porti commerciali,ma sopratutto per la pressione che l'uomo esercita sul territorio (scarichi fognari e non)


    Se poi gli italiani non vogliono lavorare nel settore turistico in quanto lavoro poco nobile,...ah allora questo si è un problema,
    Faccio presente una cosa però,la DEINDUSTRILIZZAZIONE dell'occidente NON PUO' ESSERE FERMATA.
    a meno che non vogliamo tornare a lavorare 12h al giorno,senza diritti per 500-600€, che è l'unica strada per reggere l'impatto con i brics e le altre potenze emergenti.

    E questo ragionamento della deindustrializzazione vale in particolare per l'italia,in quanto,frà costo dell'energia eccessivo,carico fiscale enorme,costo della manodopera poco concorrenziale rispetto ai paesi in via di sviluppo,e mercato interno fermo -essenzialmente siamo paesi economicamente SATURI- le multinazionali hanno già cominciato a delocalizzare (ultimi casi Richard Ginori - fallita - e Bridgestone che chiude lo stabilimento italiano - e cito solo gli ultimi in ordine di tempo,l'elenco è sterminato se prendiamo gli ultimi 10-15 anni) .

    Questo è il futuro dei paesi europei.

    I prodotti di alta qualità o made in italy ,non riusciranno a tenere occupati 23 milioni di italiani,cioè l'attuale forza lavoro in italia.

    Quindi il turismo e l'enogastronomia,nonchè l'artigianato sono le risorse che ci restano per fermare il declino.
    Basta fare gli intelllettuali con la puzzetta sotto il naso e dire questo no,questo nemmeno ...perchè altrimenti si imporrà la solita ricetta del tornare a crescere. come ? cementifica quel poco che rimane,innalza le moderne torri di babele (voglio vedere poi chi ci và a vivere al 90° piano. siate onesti voi ci andreste) ...etc etc

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  2. Condivido quasi tutto, ma perché no ai grattacieli? Bisogna essere realisti: almeno per i prossimi decenni il fenomeno dell'inurbamento massiccio continuerà e continuerà ad essere cementificato suolo verde. Nessuno schiererà la flotta contro gli immigrati e l'africa nel 2050 arriverà ai 2 miliardi di abitanti (oggi 800 milioni). O cementifichiamo le Alpi o costruiamo grattacieli....

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  3. Caro Agobit,
    intervengo nella discussione per dire che quando si parla di grattacieli a me viene sempre un po' l'orticaria.
    Perchè sono il simbolo, quasi visivo, della possibilità che ha l'uomo di aumentare la propria presenza biologica quasi ad libitum, ignorando i limiti intrinseci dell'impronta ecologica.
    Certamente, è meglio un solo grattacelo di tante case basse, perchè lascia libera una maggiore area di terreno.
    Ma in un grattacelo può vivere (e consumare ed inquinare) un numero molto grande di persone, e questo non mi piace.

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