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mercoledì 6 febbraio 2013

LE CORBUSIER A ROMA



 Nella mostra organizzata al Maxxi di Roma su  Le Corbusier, c’è un settore che si occupa del rapporto tra il grande architetto e Roma. In uno dei pannelli illustrativi è riportato come Le Corbusier vedeva, in uno studio commissionatogli alla fine degli anni ’30 dall’amministrazione fascista, il futuro sviluppo della città con le sue periferie. L’architetto era ben cosciente di quel fenomeno  che già allora era in atto e che negli anni successivi alla guerra sarebbe esploso in maniera incontrollata: l’urbanizzazione massiccia. Grande anticipatore e visionario, personalità in grado di creare un’idea di futuro, Le Corbusier proponeva uno sviluppo  della periferia romana in grado di armonizzare l’enorme espansione demografica prevista,  con il verde della campagna romana, attraverso la costruzione di grattacieli ben distanziati tra loro da ampi spazi verdi, non trascurando ovviamente ampie vie di comunicazione in parte di superficie e in parte interrate e servizi collegati. L’edificazione di strutture abitative di qualità estetica e tecnica  in altezza, come già avvenuto in altre importanti città,  avrebbero consentito di risparmiare suolo verde pregiatissimo per il paesaggio e la storia dei luoghi.  Purtroppo dopo la guerra si abbandonò ogni progettualità delle periferie e si lasciò alla spontaneità e alla illegalità dell’abusivismo carta libera. Si badò solo a favorire alcuni grandi costruttori, i famigerati “squali”, e a mantenere un sistema di mazzette e di corruzione attraverso cui si crearono illeciti arricchimenti, carriere politiche, ladrocinio di denari pubblici e un disastro ambientale e architettonico che ha pochi precedenti nella storia mondiale. Era in quegli anni che Rosi raccontò nel suo bel film “Le mani sulla città” la rapina di paesaggio e lo scempio di territorio fatto dalla malavita e dalla corruzione politica a Napoli, ma la storia era pressoché la stessa anche a Roma. La magnifica campagna romana, fatta di verde, paesaggi ameni, pascoli,  boschi di enorme bellezza che risalivano su fino alle colline dei castelli romani e al preappennino, dove la mano dell’uomo si era armonizzata fino ad allora con la natura e il paesaggio creando orti, coltivazioni e vigneti; la campagna  cantata nei secoli passati da illustri e colti personaggi che venivano da tutt’europa come Byron, Shelley, Goethe, sparì in pochi decenni, sostituita da un’orrenda accozzaglia di case e casupole squallide, mal costruite, mal coibentate, piene di amianto, edificate senza alcun piano regolatore nella completa illegalità. Interi quartieri sorsero dal nulla privi di viabilità, con strade strette e caotiche, senza fognature e servizi. La proposta di Le Corbusier finì nel nulla e non fu mai più ripresa. La timida proposta di creare un Centro Direzionale fatta al tempo del governo Craxi, finì come tutte le altre per l’opposizione di alcune parti politiche ( c’era chi vedeva nel caos delle periferie abusive la bellezza della spontaneità proletaria!), e per la cronica carenza di fondi, deviati verso corruttele più remunerative.Un vero piano regolatore non fu mai approvato, a parte una finzione di piano che permetteva qualunque abuso mediante il meccanismo delle varianti in deroga.  La corruzione a tutti i livelli e la tolleranza colpevole delle autorità permise e avallò comunque l’edificazione massiccia. Edificazione  che trovava un centro di aggregazione intorno ai cosidetti Nuovi Centri Commerciali, dietro la cui spinta si realizzava (e si realizza)  l’illegalità e il riciclaggio. In modo caotico  si dava avvio alla cementificazione di migliaia di ettari di suolo, in cui il paesaggio era il vero bottino intorno a cui si adunavano famelici decine e decine di lupi sbranatori di suolo verde. Una delle vittime più illustri di questo scempio è la ex-meravigliosa Villa Adriana, nei pressi della via tiburtina,  una volta di metafisica bellezza, immersa in un paesaggio verde lussureggiante con le sue immense rovine, le antiche statue e le vasche d’acqua. Oggi tutto il territorio circostante la Villa è divenuto un’immensa distesa di squallide case, strade, capannoni e centri commerciali. Discariche a cielo aperto circondano la Villa patrimonio dell'Unesco. Discariche ove tutti riversano rifiuti: copertoni, vecchi elettrodomestici, materiali tossici, calcinacci, frammenti di eternit, cartacce e liquami, rendendo il luogo spettrale e incredibile per ogni visitatore dotato di un minimo di senso civile. Molti stranieri visitatori sono stupiti: come è stato possibile tutto questo? Tra Tivoli e Roma non c’è più soluzione di continuità e il degrado cementizio è uniforme.  Proprio in tutta vicinanza alla Villa è in atto l’ultima mostruosa cementificazione con l’edificazione, approvata da comune e regione, della lottizzazione Nathan di 500 mila metri cubi di palazzi, oltre al tentativo per adesso rinviato di posizionare accanto alla Villa, patrimonio dell’Unesco, la grande discarica di Corcolle per i rifiuti di Roma. La follia non ha limiti e la vicenda assume aspetti comici con l’ultima giunta della Regione. Si è infatti messo a capo della commissione regionale per l’Ambiente nientemeno che un costruttore e mercante di palazzi, un certo Carlino (quello della frase: “non sogni ma solide realtà”), sponsorizzato dal capo dell’Udc nonché genero di Caltagirone, uno dei maggiori costruttori attivi a Roma. Povero Le Corbusier, se vedesse com’è ridotta oggi la periferia romana…




(Sopra: la periferia romana nella realtà)

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