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mercoledì 10 agosto 2011

DUE MONDI POSSIBILI

Può la politica cambiare il mondo e salvarci dal destino di un mondo sovrappopolato ed un pianeta inquinato ed inabitabile? Certamente no, in quanto il problema non e' politico. Non si tratta di assicurare più giustizia sociale, una migliore redistribuzione delle risorse, maggiore uguaglianza ecc. Il problema e' molto più di fondo e radicale. Deve entrare in gioco la filosofia, perche' qui si tratta di modificare il pensiero, il modo di pensare noi stessi e il mondo. Finche' ragioniamo con i mezzi della politica, con la giustizia sociale, siamo sempre all'interno dell'antropocentrismo e del pensiero oggettivante: si discute della appropriazione degli oggetti e della loro distribuzione. Ma qui ed ora bisogna uscire dall'antropocentrico prima che il pianeta vada incontro al suo destino. Bisogna cominciare a guardare al pianeta non come il luogo di cui impossessarsi, come un luogo di semplice presenza, come se si trattasse di uno sfondo a nostra disposizione per una attività umana illimitata. Bisogna invece guardare al pianeta come ad un mondo che ha un senso, che richiede meraviglia e rispetto. C'e bisogno di un pensiero che rispetti, che si ritragga dal puro possedere, dall'usare le cose per poi farne rifiuto e immondizia. Il problema a cui l'uomo contemporaneo si trova di fronte si chiama gestione della tecnica. Heidegger a meta del secolo scorso ha individuato questo problema come il problema fondamentale, l'argomento centrale della riflessione filosofica. Il mondo e' sempre più un apparato che funziona in maniera indipendente dalla volontà dell'uomo. Rischiamo così di non utilizzare la tecnica ma di esserne utilizzati. Il mondo cui ci stiamo avviando e' un mondo dominato dalla tecnica, e l'uomo e' sempre più un suo prodotto, non un suo utilizzatore. Viviamo secondo ritmi e per scopi che non sono determinati dalla nostra volontà, che ci sono estranei. La sovrappopolazione del pianeta e' intimamente connessa a questo stato di cose, ad una tecnica che accresce continuamente la sua potenza senza più alcun controllo. La macchina va avanti da sola, sempre più veloce ed autonoma, alterando e rendendo artificiale tutto il suolo, l'aria, le acque del pianeta. La sovrappopolazione umana e' un prodotto di questo stato di cose: l'uomo si toglie ogni umanità e diviene cosa tra le cose, numero tra i numeri, e la sua popolazione prolifica senza limiti e senza senso per il destino tecnico cui il pianeta si e' consegnato. Si badi bene, qui non si contesta la tecnologia, la necessita della ricerca e del progresso tecnologico. Si contesta invece la perdita di senso del mondo e la sua consegna ad una interpretazione che ne fa un puro oggetto in preda alla potenza della tecnica, del pensiero razional-numerante che tutto classifica e stravolge. Ormai anche noi come esseri umani siamo semplici numeri, costretti a vivere e consumare secondo un modo che non e' scelto da noi ma che ci e' caduto addosso come un destino. Questo primo modello di mondo, il mondo del dominio incontrastato della tecnica cui ci stiamo avviando lo definirei modello dei polli da batteria. Gli uomini sono allevati come polli negli allevamenti intensivi, imbottiti di farmaci e ormoni, condizionati nella mente e nel corpo, indotti a consumare forsennatamente perche' non hanno altro da fare e altro in cui credere, costretti in un circolo vizioso di produzione e consumo, svuotati di senso e di ogni rapporto con la natura di cui sono parte. Dicevo che il problema non e' politico. Non ci possiamo illudere che con governi diversi, con più giustizia, cambiando i padroni del vapore il mondo cambi. Per cambiare il rapporto tra noi e il pianeta serve un nuovo pensiero che faccia fare un passo indietro dell'uomo, un passo indietro per sottrarci a questo potere che ci impone di prolificare e consumare.Così possiamo riscoprire un'appartenenza che abbiamo dimenticato. Il mondo,le cose e gli esseri viventi che lo abitano hanno una storia, un decorso nel tempo, e dobbiamo riappropriarci del tempo come di ciò che da senso, valore, sentimento, radici. Oggi stiamo perdendo il concetto di tempo, di temporalità della nostra vita, attaccati solo al presente e alla fruizione dei consumi sempre piu' veloce. Distruggiamo in poco tempo luoghi e paesaggi che hanno una storia di millenni, indifferenti a tutto, anche alla bellezza e alla poesia. Ci siamo dimenticati che non siamo i possessori del mondo ma siamo una sua parte. Siamo animali forniti di intelletto e parte della natura. Dobbiamo servirci della tecnologia, non per stravolgere il mondo ma per migliorare il nostro rapporto con esso. Continuare a sopraffare piante, animali, terra,acque e cielo con la nostra arroganza e violenza distruttiva sara' la nostra rovina. Per tornare ad essere uomini coscienti della appartenenza al pianeta senza essere strumenti di un cieco potere, si deve porre rimedio ad una crescita demografica fin qui inarrestabile che ci porterà a dieci miliardi di persone nel giro di qualche decennio. Esiste un altro modello di mondo, a cui dobbiamo dedicarci, su cui indirizzare il nostro pensiero. Ridurre l'eccesso che ci caratterizza come una malattia della natura, diminuire il numero per ridare un senso all'essenza dell'uomo,all'essere uomini su questa Terra. Trovare una co-appartenenza tra noi e il pianeta, in maniera che esso torni ad essere sano e vivibile. Altrimenti avremo l'allevamento di polli in batteria, in cui i polli, purtroppo, siamo noi.

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