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sabato 25 dicembre 2010

NO AL NATALE DEL DIO ANTROPOMORFO

Tenetevi gli auguri di buon natale. Auguri difficili da sopportare perché formali, imposti dalla routine del calendario, assolutamente ipocriti, da respingere al mittente come indesiderati. Auguri per un fatto di cui nessuno si interessa, volto com'è a consumare e seppellire di sterco e spazzatura un mondo sempre più piccolo sotto il peso della massa umana. Qual'è il fatto di cui tutti si fottono sprofondandosi in disgustosi auguri?
E' tutto qua: circa duemila anni fa nacque in mezzo allo sterco (questa volta di vacca) di una grotta di una valle della Galilea un piccolo dio antropomorfo. Un futuro predicatore, un profeta dei destini dell'uomo. Il figlio di un dio unico. Il fondatore di una religione monoteista fonte di ogni disgrazia per il mondo e per l'uomo. Questo dio unico ha tolto, in quanto unico e simile all'uomo, la sacralità dalla natura, dagli animali, dalle piante, dai luoghi. Ha posto l'uomo al centro di tutto l'universo eleggendolo a fruitore assoluto di tutte le cose viventi e non viventi che (Sic!) sarebbero state create per lui, solo per lui. Questo dio antropomorfo e monolitico ha tolto il sacro dai boschi, dalle sorgenti, dai fiumi, dalle spiagge, ha tolto la residenza degli dei dalla cima dei monti. Ha consegnato il mondo alla distruttività umana. Questo figlio di dio è salito lui sulla montagna lasciata deserta dagli dei e si è messo a predicare agli uomini invitandoli a procreare come conigli, a occupare ogni spazio della Terra, a consumare ogni risorsa che, ha gridato, era stata creata per lui! L'universo sarebbe stato creato per lui! Tutta quella roba per soddisfare le voglie di una scimmietta arrogante. Questo predicatore autoproclamatosi figlio di dio ha esasperato un'antropocentrismo che già aveva la tendenza a fare del mondo la propria discarica. Ma almeno l'uomo greco aveva il senso del divino nella natura, ogni aspetto della quale secondo i greci era pervasa di sacro. Non solo nel politeismo greco ma anche nei primi filosofi presocratici e nel poema di Parmenide il mondo era visto come una manifestazione del divino.L'antico uomo greco sentiva il divino del mondo e leggeva poeticamente le cose. Il cristianesimo e l'Islam hanno distrutto questa sensibilità originaria relegando il mondo a sfondo per l'arrogante agire dell'uomo. Un agire che tende a impossessarsi della natura, dei luoghi, dell'ambiente e a stravolgerlo secondo i propri sconfinati desideri. L'odierno mondo dei diritti (umani, solo umani) è il prodotto di questa visione essendo i diritti null'altro che i desideri senza limiti degli uomini.

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